In soli quattro mesi il COVID 19 ha fatto più vittime in tutto il mondo del terrorismo. Anche se c’è stato un piccolo miglioramento, nessuno può dire esattamente quando la situazione tornerà alla normalità. Tuttavia, un lato positivo a ogni brutta situazione c’è sempre! Questa pandemia ha infatti aiutato a riconfermare il posto che gli Occidentali hanno storicamente riservato agli Africani: uomini inferiori che stanno in un laboratorio e sui quali si può sperimentare qualsiasi sciocchezza. Tuttavia, l’ondata di solidarietà osservata tra alcuni leader del Continente dimostra che i Neri sono sempre più consapevoli del fatto che la loro salvezza richiede solidarietà e ritorno alla cultura tradizionale in chiave moderna. Questa è una condizione indispensabile e imprescindibile
All’inizio il COVID 19 è una malattia cinese…
Torniamo indietro. Inizio 2020. Le TV e i media di tutto il mondo trasmettono una nuova informazione: un’infezione polmonare altamente contagiosa in Cina. Si vedono i cinesi in fila davanti agli ospedali, con maschere facciali che coprono naso e bocca. Una situazione, questa, senza precedenti! Dopo qualche settimana si comincia a parlare di contagi diffusi e di morti. La notizia raggiunge i quattro angoli del pianeta come una scia di polvere. Nonostante l’attenzione che suscita, pochi la prendono sul serio. Al contrario, è disprezzo e sdegno nei confronti del “Regno di Mezzo”. Un politico italiano, Luca Zaia afferma che la cultura cinese predispone a tali malattie, perché “mangiano ogni tipo di animale crudo e sono sporchi, a differenza degli europei che sono educati a lavarsi sempre le mani”. In Francia un cittadino cinese discriminato ed esposto alla pubblica vergogna si sfoga “Non sono un virus”. In Africa si sentono canzoni dal titolo “Coronavirus, il male dell’uomo bianco”. Oppure ” gestite il vostro business come abbiamo fatto con l’Ebola”. Ovunque si evitano i negozi cinesi. Occorre isolare il nemico.
Subito la pandemia pianta la sua bandiera ovunque
In tempi record, il COVID 19 pianta la sua bandiera ovunque ed installa nuovi centri di contagio,prima in Europa (soprattutto in Italia, Spagna, Francia, Regno Unito), poi in America (con gli USA in testa). Dall’Europa all’Africa, si fa in fretta. Sul versante asiatico le cose si muovono lentamente, ma inesorabilmente . Ci si rende conto che il mondo è invisibilmente unito e che ciò che riguarda uno riguarda tutti. In tutti i Paesi la confusione è alta, bisogna agire, il prima possibile. Un nuovo lessico vede la luce: distanziamento sociale, maschera facciale, confinamento, misure di barriera, ecc… Le frontiere si stringono, l’economia si ferma, viene imposto il coprifuoco, il cittadino normale diventa quello che sta a casa.
Il COVID -19 semina il caos tra i Paesi ricchi
In meno di due mesi il bilancio della pandemia è devastante, soprattutto tra i Paesi ricchi. Il Paese asiatico ferma il suo tetto a 3000 morti. Italia, Spagna, Francia, Inghilterra e Stati Uniti si beccano la parte del leone con quasi l’85% delle vittime nel mondo. Bisogna reagire, in fretta. Bisogna bloccare l’epidemia. Si cercano aiuti da tutte le parti. Delusa dalla Francia, l’Italia si gira verso la Cina che sembra aver contenuto la pandemia. Gli Stati Uniti hanno fatto lo stesso. Nessuno è più sicuro di sé. In questo caos generale, si osserva uno strano fenomeno: gli Occidentali pensano solo all’Africa. .
Gli africani sono delle cavie?
Non è una novità. Per gli Occidentali, i Neri i sono animali da laboratorio. La pandemia di COVID 19 non ha fatto che altro riconfermare questa verità storica che non cambierà mai. Questo è tanto più vero perché nel momento in cui l’Occidente trabocca di morti e gli ospedali sono allo stremo, la loro principale preoccupazione è nel Mediterraneo meridionale. Che amore ipocrita ! Ci ricordano i loro incessanti avvertimenti e il loro catastrofico “l’Africa rischia di essere completamente spazzata via”. Si sta ancora aspettando la strage preannunciata. Contro ogni catastrofica previsione l’Africa sembra resistere. A metà marzo, in una trasmissione televisiva alcuni esperti francesi parlando di un possibile vaccino da sviluppare spiegano che dovrebbe essere testato prima in Africa. Quanto all’OMS, invece d’invitare i Paesi ad una maggiore creatività per sbarrare la strada al virus continua a criticare e sconsigliare tutte le iniziative africane. In primo luogo il Covid-Organics, coraggiosamente sviluppato e testato in Madagascar e generosamente messo a disposizione di tutti nel tentativo arginare lo tsunami della pandemia che sta spazzando via tutto. Solo una settimana fa, la stessa organizzazione, invece di fornire le attrezzature sanitarie in Camerun, ha preferito le auto di lusso come se la malattia attaccasse solo i pedoni. Non dimentichiamo una certa stampa italiana che, qualche giorno fa, ha pubblicato un titolo molto dispregiativo: “Gli immigrati sostituiranno i nostri morti”, questo in segno di protesta contro una possibile regolarizzazione della mano d’opera straniera che servirà nei campi. Di fronte a questo ennesimo insulto, i Neri brilleranno ancora il loro orecchio sordo?
La salvezza dell’Africa si chiama solidarietà e ritorno alla cultura africana.
Un fatto è certo: gli Africani muoiono a causa di leader perfidi e apparentemente commissariati. Senza dimenticare il comportamento dell‘UA (Unione africana), che non si assume mai le proprie responsabilità quando è necessario. Tuttavia, ci si può rallegrare del fatto che una presa di coscienza in Africa c’è e il COVID 19 ha aiutato a capirlo. Prima di tutto, la videoconferenza dei capi di Stato per informarsi sulle caratteristiche del prodotto creato dal Madagascar è da applausi. Infatti, nonostante le critiche dell‘OMS e dell’Occidente nei confronti di questa soluzione “miracolosa”, che esce dalla tradizione africana, abbiamo visto molte delegazioni continentali sbarcare ad Antananarivo per ottenere più informazioni o fare ordini. L’ECOWAS (Comunità economica dellAfrica occidentale) ha inviato la Guinea-Bissau per recuperare le sue scorte. Il Congo e la RDC, la Tanzania, il Gabon hanno fatto altrettanto. In Camerun, Monsignor Samuel Kleda ha sviluppato un’altra soluzione che sta dimostrando la sua efficacia. Questo slancio di solidarietà, piuttosto raro in Africa, dimostra che gli africani sono sempre più consapevoli che la soluzione ai loro problemi si trova a casa. Nonostante la globalizzazione, solo un africano porterà aiuto ad un africano. Molto importante è anche la mobilitazione dei giovani africani, sia dall’esterno che dall’interno, contro i ripetuti attacchi degli occidentali. I loro video e messaggi contro l’animalizzazione dei Neri sono virali sui social network. Questo risveglio lascia sperare. Una riconferma che solo l’Africa cambierà l’Africa. E questo richiede inevitabilmente un ritorno alla cultura africana.